AA. VV., Novelle cinesi dal Lung-tu-kung-ngan (2016)

“Se io rimasi fino ad ora in vita, è perchè, facendo altrimenti, mio marito non si sarebbe mai vendicato dell’ingiuria fattagli da questo bonzo”

Il Lung-tu-kung-ngan può, così alla prima, essere paragonato al Decamerone di Boccaccio. Le novelle hanno infatti molta libertà di linguaggio e vivacità di espressioni nel descrivere i fatti spesso lascivi, ma hanno sempre alla fine un pensiero morale. Il libro è una raccolta di casi celebri esposti in forma di racconti, tendenti a far emergere la perspicacia e la giustizia di un magistrato di nome Pao-Kung, difensore per eccellenza, nella tradizione cinese, della giustizia.

 

Antonio Magistrale, Jacopo Bettinelli, Cinese da strada- CDS (2019)

Una raccolta di tutto quello che in classe non vi insegnano: neologismi, insulti, parolacce, allusioni, slang, modi di dire tipici del linguaggio comune etc. Oltre 100 termini del linguaggio comune cinese che dicono molto sulla realtà di oggi: business, attualità, cultura e molto di più. Questo libro insegna soprattutto che la lingua cinese contemporanea corre velocissima, alla velocità di internet, che costantemente fa sì che si creino nuove espressioni e neologismi. Oltre a parlare dell’evoluzione della lingua e a spiegare i singoli termini, gli autori forniscono anche degli utilissimi esempi pratici per capire come utilizzarli: un vero e proprio dizionario insomma!

 

Alai, Rossi fiori del Tibet (2000)

“Pensavo che il figlio idiota della famiglia Maichi fosse ormai in Cielo: perchè, altrimenti, avrebbe visto tante stelle scintillare dinanzi ai suoi occhi?”

Nel Tibet dei primi decenni del Novecento, dove il potere è detenuto dai pochi signori feudali che controllano la coltivazione e il traffico dell’oppio, si snoda la saga della dinastia Maichi. A raccontarla è l’ultimo discendente della famiglia, un giovane ritenuto idiota, e come tale disprezzato e ignorato da tutti, ma che sa osservare cose e persone con un occhio ingenuo ma allo stesso tempo straordinariamente acuto. E tra rivalità familiari, lotte di potere, amori e sconfitte, la storia della dinastia diventa allo stesso tempo la storia del paese  e del tramonto di un mondo. Un paese fiabesco e lontano da ogni stereotipo, in cui bellezza e violenza si uniscono in un nodo inestricabile, crudele e affascinante.

 

Attilio Andreini, Maurizio Scarpari, Il daoismo

“L’espressione più autentica del sentimento religioso cinese”

L’entità suprema, il principio cosmico preesistente all’Universo da cui tutto deriva e a cui tutto ritorna: questo è il dao, l’Assoluto, la Via per entrare in sintonia con la natura e le sue leggi, superando ogni dicotomia tra bene e male, vita e morte. Sul suo culto si fonda il daoismo, movimento filosofico e religioso basato sulle polarità yin e yang e la conciliazione degli opposti, teso da un lato a svelare i misteri della natura e dall’altro a consentire all’uomo di raggiungere l’integrità psico-fisica.

 

Ba Jin, Famiglia (1933)

“Famiglia”, è il primo romanzo che insieme a “Primavera” e “Autunno”, costituiscono la “Trilogia del Torrente” di Ba Jin, uno dei principali autori del Novecento. Le vicende dei tre fratelli Gao sono intrecciate alle storie dei numerosi personaggi della grande famiglia e sono ambientate nella Cina degli anni Venti. Le tematiche trattate sono la contrapposizione tra il passato e il presente, sottomissione e ribellione, famiglia e indipendenza, ma il concetto chiave che percorre tutto il romanzo è la libertà dell’espressione individuale. Inoltre, tratta anche della condizione delle donne della Cina dell’epoca: costrette per esempio alla pratica della fasciatura dei piedi che causava una doppia sofferenza, fisica e psicologica.

“Aveva così imparato a sopportare il dolore della morsa di legno, della frusta, il continuo tormento, le lacrime e le lunghe notti insonni, pur di guadagnarsi il pregio di avere quella deformità che chiamavano piedi di giglio.”

Ancora oggi “Famiglia” è un romanzo molto significativo per far comprendere meglio la Cina del passato e le sue antiche tradizioni.

 

Bagella Michele, Bonavoglia Rosario, Il risveglio del Dragone (2009)

Moneta, banche e finanza in Cina.

La Cina si è risvegliata e grazie alla sua millenaria cultura, al suo attivismo e alla scelta di avvicinarsi alla finanza e alle banche occidentali, sta sconvolgendo gli equilibri politico-finanziari che avevano caratterizzato il millennio appena terminato. E’ impensabile riuscire a comprendere il boom cinese senza conoscere i profondi cambiamenti che hanno interessato il sistema bancario e finanziario del Paese negli ultimi anni. Questo libro mostra come la crescita economica venga sostenuta da un modello di organizzazione di cui vengono presentati gli elementi principali – banche, Fondo sovrano, Banca centrale, politica monetaria – descrivendone le modalità funzionali, strutturali e il procedere verso forme organizzative di tipo occidentale.

 

Barbara Bisetto, Il laccio scarlatto (2010)

“Lungo il muro si agita l’ombra dei fiori, è forse il mio amato che viene?”

“Il laccio scarlatto” è una raccolta di testi detti chunaqi (racconti in prosa di fatti straordinari risalenti all’epoca Tang) in lingua originale, con testo a fronte, incentrati sulla registrazione di eventi e fenomeni eccezionali o di personaggi di natura straordinaria. Le storie narrate possono essere quelle di immortali o esseri fantastici oppure quelle tratte direttamente dalla vita dei letterati, anche se il più delle volte questi due fili finiscono per intrecciarsi. Il tema amoroso è sicuramente quello che prevale ed il “laccio scarlatto” è quel filo invisibile e indissolubile che lega le vite matrimoniali di uomini e donne, come ci viene detto nella prima delle novelle raccolte nel testo. Un viaggio tra montagne degli immortali, gli spiriti, le locande e gli studi dei letterati che il lettore intraprende alla scoperta delle diverse interpretazioni di quel magico sentiero che è quello del rapporto amoroso fra uomo e donna.

 

Benedetti Lavinia, Storia del giallo in Cina (2017)

“Quando a corte non ci sono funzionari confusi, in galera non c’è nessun innocente”

La letteratura di crimine in Cina «era già pienamente sviluppata molti secoli prima della nascita di Edgar Allan Poe e di Sir Arthur Conan Doyle» scrisse in un suo volume il celebre sinologo olandese van Gulik. Infatti, quando alla fine dell’Ottocento i cinesi “scoprirono” i romanzi polizieschi “all’occidentale”, nell’impero ormai sul viale del tramonto, esisteva una secolare tradizione narrativa di crimine e di casi giudiziari, i cui infallibili protagonisti, su tutti il giudice Bao (Bao gong), erano così celebri da oscurare persino la fama del detective più conosciuto al mondo, Sherlock Holmes.

 

Chen He, A modo nostro (2018)

“Nel 1993, quando Xie Qing mise per la prima volta piede a Parigi, dalla Rivoluzione Francese erano passati più di duecento anni.”

Un romanzo che oscilla fra il giallo ed il noir per poi sfociare in tutt’altro: è la storia dell’emigrazione cinese in Europa, la storia dell’arrivo di Xie Qing a Parigi, direttamente da Wenzhou, per riconoscere il cadavere della moglie Yan Hong, che lo ha lasciato anni prima ed è morta in un incidente stradale che il marito ritiene poco chiaro. La storia ci porta in Francia, in Albania ed in Cina: un incrocio di storie e di culture, di passato e di presente. Le vicende vissute da Xie Qing riflettono quelle che negli anni Novanta hanno interessato molti cinesi emigrati per cercar fortuna altrove. Nel percorso di riscatto personale di Xie Qing entrerà in contatto con altri cinesi che vivono all’estero e con le loro storie che lo porteranno, alla fine, a riconciliarsi con se stesso.

 

Cao Xueqin, “Il sogno della camera rossa” (1792)

“Nel dormiveglia gli pareva di andar vagando in una terra di sogno. Mentre così vagava, due sacerdoti svoltarono sul suo sul suo sentiero e, avvicinandosi a passi misurati, gli vennero a fianco.”

“Il sogno della camera rossa”, anche noto come “La storia della pietra”, è uno dei Quattro grandi romanzi classici della letteratura cinese. Dei centoventi capitoli che lo compongono solo i primi ottanta sembrerebbero attribuibili a Cao Xueqin, sugli altri, invece, ci sono stati e ci sarebbero ancora molti dubbi. Ambientato fra i meravigliosi giardini di Suzhou, l’autore ci presenta più di 700 personaggi, fra maggiori minori, che ci danno un’immagine nitida e ricca della società cinese dell’epoca. Lo sguardo del narratore si posa in particolare sulle famiglie Jia, Shi, Wang e Xue, ma soprattutto sulla famiglia Jia e sulla sua decadenza. Protagoniste anche e soprattutto le donne legate spesso tra loro da un destino infelice: Jiao Baoyu, unico erede maschio, innamorato della cugina Lin Daiyu, sarà costretto dai giochi di potere della famiglia a sposare Xue Baochai, matrimonio che sancirà la rovina di tutti e tre.

 

Confucio, “Dialoghi”, a cura di Tiziana Lippiello (2006)

Il Maestro disse: “Studiare e praticare costantemente quanto appreso non è forse un diletto? Accogliere compagni provenienti da luoghi lontani non è una gioia? Non è forse uomo nobile di animo chi non si preoccupa se nessuno lo conosce”.

I “Dialoghi” (Lunyu) sono una raccolta di conversazioni, aforismi e aneddoti attribuiti a Confucio (551 a.C.- 479 a. C.), ma in verità redatta da discepoli e seguaci. Essendo direttamente attribuita al maestro, tale opera insieme ad altri testi detti “Confuciani”, da oltre duemila anni costituisce un punto di riferimento essenziale nel dibattito filosofico e politica della Cina antica, moderna e contemporanea. Chiunque sia interessato alla Cina non può prescindere dallo studio del pensiero di Confucio i cui riflessi sono più forti che mai ancora oggi. Questo testo vanta, oltre ad un’ottima traduzione del testo in cinese, una ben strutturata e ricca introduzione che può avvicinare anche il lettore non specialista a Confucio e al Confucianesimo in generale attraverso il racconto della sua vita e del suo pensiero, fra virtù confuciane, visione filosofico-politica e natura ed essere umano. È all’uomo, infatti, che Confucio dedicò la propria opera di maestro, nella convinzione del suo potersi sempre migliorare.

 

“Chuanqi, storie fantastiche Tang” (a cura di Edoarda Masi) (1994)

“La mia umile cavalcatura non è degna di portare tanta bellezza, ma io te la offro: sarò ben contento di camminare a piedi”

“Chuanqi”, cioè “memorie di cose straordinarie” sono storie fantastiche cinesi scritte sotto la dinastia Tang (618-907) e mettono in scena avventure e apparizioni, briganti e dèmoni, magnifiche e misteriose figure femminili: Ren, la donna-volpe, lieve e sfuggente come uno spirito, generosa e fragilmente creaturale; Yingjing, di grande fascino e di grande carattere, e proprio per questo tragicamente abbandonata dal pavido amante; Yanniang, iniziata dalle monache alla magia e al terrorismo, capace di volare come il vento, di giustiziare un funzionario corrotto a colpi di pugnale, di trasformarsi in moscerino per proteggere un ministro amico, aerea e femminile incarnazione di taoismo e anarchia.

 

Chun Shu, “Ragazza di Pechino” (2003)

“Fissai il prato verde, l’ombra degli imponenti palazzi e i raggi del sole sbiaditi fuori dalla finestra”

Nella Cina dopo Tian’anmen, Chun Shu, ipersensibile adolescente di Pechino, vive un’esistenza già tormentata dal disincanto. Inquieta, intollerante delle limitazioni imposte dalla società, dalla scuola e dalla famiglia, la giovanissima autrice si racconta descrivendo il suo male di vivere, la sua ribellione, le prime esperienze sessuali, e sentimentali, la passione per la poesia e soprattutto per la musica rock. Nei locali underground della scena musicale pechinese, Chun Shu comincia a frequentare giovani musicisti nella speranza di trovare qualcuno con cui condividere emozioni e sentimenti che la facciano sentire viva, qualcuno con cui instaurare rapporti umani e sentimentali più autentici.

 

“Cina” (a cura di Ramazzotti, Castiglioni, Mouton, Leroy) (2009)

“L’Impero del cielo posa un tetto su tutta la terra”,  Si-Ma Qian

Un bellissimo volume fotografico, con testi di Michel Leroy, giornalista di France-Press appassionato di Cina e cose cinesi. Un viaggio virtuale visto dagli occhi e dagli obiettivi di alcuni fotografi che evoca emozioni e sensazioni e ci porta tra pagode, palazzi proibiti, tendoni rossi sotto cui prendere il tè, fiumi percorsi da battelli, bambini in bicicletta, bacchette d’incenso piantate ai piedi dei Buddha dorati, risaie a perdita d’occhio, i grattacieli di Shanghai, le donne delle etnie minoritarie.

 

Dai Sijie, “Balzac e la piccola sarta cinese” (2000)

 “Immagino che ci siano dei libri […] Basta vedere il modo in cui la nascondi e la chiudi a chiave per capirlo: contiene di sicuro libri proibiti.”

Due ragazzi: l’io narrante e Luo, colpevoli di essere “figli di borghesi”, sono costretti, come tanti ragazzi cinesi durante la Rivoluzione Culturale, alla “rieducazione” nelle campagne. I due, figli di medici e amici da sempre, vengono mandati sulla remota montagna della Fenicie del Cielo, nella Cina di Mao, in un piccolo villaggio di contadini. Le giornate di lavoro sono estenuanti, i ragazzi vengono sottoposti a sforzi disumani. La loro vita nella piccola palafitta verrà, fortunatamente, stravolta da alcuni avvenimenti: il primo è l’incontro con la bellissima Piccola Sarta ed il secondo, e ancor più decisivo, è la scoperta di un tesoro nascosto: una valigia di libri proibiti, di autori occidentali. Alle storie d’amore narrante nei libri si intrecciano quelle vere dei protagonisti: tenerezza, desiderio, prime scoperte e delusioni, il tutto nel dramma della Rivoluzione Culturale.

 

Fang Fang, “Wuhan. Diario di una città chiusa” (2020)

“Anche nel buio, l’umanità trova sempre una via d’uscita.”

Ogni notte, a mezzanotte, Fang Fang pubblicava online una pagina del suo diario di quarantena: nel silenzio rotto solo dal rumore delle ambulanze, milioni di cinesi aspettavano di leggere le sue parole che erano quelle della nuova quotidianità, surreale, che i cittadini di Wuhan stavano vivendo. Il suo diario è un diario umano, delle piccole cose di casa e della grande paura del virus, il tuo tenuto insieme da una grande e luminosa speranza per il futuro. Senza alcuna censura Fang Fang racconta le emozioni potenti, le lacrime di dolore e quelle di gioia, che tutti noi abbiamo versato nella nostra personale quarantena, arrivata solo qualche settimana dopo quella di Wuhan. La censura nulla ha potuto di fronte alla pubblicazione di questo pezzo unico di storia, intima ed epica allo stesso tempo, che riguarda tutti noi.

 

Fernando e Luca Fidanza, “Cina: le radici profonde” (2019)

In una sessantina di pagine i fratelli Fidanza riescono a fondere poesia, fotografia e musica. “Poesia “perché è una raccolta di bellissimi versi, “fotografia” perché gli scatti contenuti nel libro ci portano direttamente nellaCina più vera, semplice ed intima. Non ci troviamo fra i grattacieli delle metropoli ma sulle rive dei fiumi, nei campi aperti, frai vicoli dimenticati e i mercati, fra tutti quei luoghi che pensiamo appartengano ad un’altra realtà, che crediamo lontana anni luce ma che non ha mai smesso di accompagnarci. “Musica” perché alcuni testi di queste poesie sono anche diventati canzoni grazie alla maestria di Fernando Fidanza, musicista. Immagini e parole si fondono e ci accompagnano in punta di piedi nelle vite delle persone incontrate da questi due fratelli. La dimensione che prevale è quella famigliare, delle radici profonde, del rispetto per gli anziani e della millenaria “pietà filiale”. Un libro che parla di Cina dall’interno, dalle persone colte nella vita di tutti i giorni, quella della grandezza ed immensitàdelle cose semplici, le cose di casa. La bellezza del viaggio, della scoperta di essere simili, di essere esseri umani.

“Stasera torna mio marito
Farò una zuppa di frumento
Il grano sarà più saporito
Lo saluterò come al primo appuntamento.
C’è poco calore
Il carbone non è abbastanza
Ma sarà l’amore
A diffondersi nella stanza.”

 

Gao Xingjian, “Il libro di un uomo solo” (2003)

“Lei ha bisogno di rituffarsi nei ricordi della sua storia, mentre tu vuoi dimenticare.”

Il Premio Nobel per la letteratura Gao Xingjian racconta in seconda e in terza persona la storia di un personaggio anonimo che si riferisce al “tu” per parlare del presente e al “lui” per parlare del suo passato che vorrebbe dimenticare ma che Margarethe, “un’ebrea fornita di un cervello tedesco che parla cinese”, fra una notte d’amore e l’altra lo invita a raccontare.  Così il protagonista, un intellettuale cinese in esilio, rivive tutto il suo passato: il dolore della Rivoluzione Culturale, la sofferenza, la paura, la rieducazione nelle campagne, un matrimonio finito male e la fuga. Una vita la sua, che dopo l’esilio volontario sarà devota alla libertà: nessun vincolo, nemmeno amoroso, se non quello della scrittura, amore segreto e proibito durante quel periodo della storia cinese in cui gli artisti bruciavano le le loro stesse opere. Tra la confessione e l’autobiografia, fino al romanzo amoroso, questo e molto in questo romanzo in cui senza dubbio le donne hanno una grande importanza: è attraverso i suoi incontri che, infatti, veniamo a conoscenza della vita tormentata di un universo femminile vasto e profondo.

 

Giulia Baccini, “I sette savi del bosco di bambù” (2016)

“Vivere è come camminare sul ghiaccio sottile,
Chi può sapere che il mio cuore è in fiamme!”

Xi Kang, Ruan Ji, Xiang Xiu, Wang Rong, Shan Tao, Liu Ling e Ruan Xian, questi i nomi del gruppo di letterati, scrittori e musicisti attivo tra la dinastia Wei e Jin (III-IV sec. E.C.), noti come “I sette savi del bosco di bambù”. Il testo qui proposto presenta una serie di aneddoti a loro dedicati, tradotti nel presente volume, e tratti dallo Shishuo xinyu (Nuove informazioni delle storie del mondo), opera del V secolo. La produzione dei Savi è varia ed esuberante proprio come furono le loro vite: dediti al vino, alle donne, ai comportamenti “scomodi” e alla rottura di ogni convenzione, spiriti affini e liberi che hanno caratterizzato un’epoca tumultuosa della storia cinese nella quale, però, si reagisce affermando un forte individualismo nella letteratura. Famosi in tutto il mondo hanno da sempre incarnato lo spirito ribelle che si scaglia contro tradizionalismo e ipocrisia morale.

 

Giuliano Bertuccioli, “La letteratura cinese”, a cura di Federica Casalin (2018)

La “Storia della letteratura cinese” fu pubblicata dal grande Giuliano Bertuccioli nel 1959. Questo viaggio comincia nella remota antichità, agli albori della scrittura stessa per giungere agli anni Cinquanta del secolo scorso. L’autore ci fornisce il quadro storico di ogni genere ed opera descrivendone le caratteristiche principali, il contesto storico ed i nessi più o meno espliciti. In queste pagine sono raccolti più di tremila anni di letteratura cinese, che è un corpo vivo che cresce, muta e si trasforma di giorno in giorno. Un testo per specialisti e non solo, adatto a tutti coloro che desiderano avvicinarsi al vastissimo mondo della letteratura cinese. L’opera vanta, fra le altre cose, anche una grande quantità di testi, o parti di testi, tradotti in italiano, che permettono ad ogni lettore di avere un rapporto diretto con l’opera in questione. Questo testo è un punto di riferimento imprescindibile per gli appassionati della Cina, gli aspiranti sinologi e gli amanti della letteratura in generale che non possono che giovare di tanta bellezza. Una storia letteraria plurimillenaria che potrebbe spaventare in un primo momento ma che, invece, si fa “semplice” e “vicina” una volta che Bertuccioli ci guida nel linguaggio dei pennelli che hanno caratterizzato diversi secoli di storia della Cina.

 

Giuliano Bertuccioli, “Testi di letteratura cinese. Prosa” (a cura di Paolo De Troia) (2013)

“Il Maestro disse: «Studia come se non arrivassi [a comprendere]; come se temessi di perdere ciò [che hai appreso]».

Il volume è stato pubblicato per la prima volta all’inizio degli anni ‘80 ad opera di Giuliano Bertuccioli e recentemente è stata pubblicata questa edizione rivista e annotata da Paolo De Troia, allievo di Bertuccioli e attualmente Professore Associato presso il Dipartimento di Studi Orientali de “La Sapienza” Università di Roma. Con una selezione di brani estratti dai Dialoghi di Confucio, dalla Grande Scienza, dal Mencio, dalle prose storiche delle dinastie Zhou, Qin e Han, dal Zhuangzi, e dalle prose delle Sei Dinastie e dei periodi Tang e Song, il libro propone alcune tra le pagine più celebri del patrimonio letterario della Cina antica.

 

Henry Kissinger, “Cina” (2011)

“Che grande vittoria sarebbe se […] gli Stati Uniti e la Cina unissero i loro sforzi non per scuotere il mondo, ma per edificarlo”.

Nel luglio 1971, Henry Kissinger, consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente americano Nixon, compì la sua prima missione diplomatica a Pechino. Da allora Kissinger è tornato spesso nel paese asiatico, approfondendo sempre più la conoscenza della civiltà e del popolo cinese, imparando ad apprezzarne le doti etiche, la finezza intellettuale, il senso della famiglia e la cultura. E in questo libro, basato in gran parte sulle conversazioni dirette con i leader di Pechino, spiega come i cinesi ragionino su concetti come la pace, la guerra, l’assetto internazionale, confrontando il loro approccio con quello degli occidentali.

 

Jung Chang, “Cigni selvatici: tre figlie della Cina” (ed. 2010, prima ed. 1991)

 “Fra sofferenza, rovina e morte, avevo conosciuto soprattutto l’amore e l’indistruttibile capacità umana di sopravvivere e perseguire la felicità.”

Tre donne e, verrebbe da dire, tre “Cine”: la storia del XX secolo cinese e quella di Jung Chang, sua mamma e sua nonna. Dai “signori della guerra” alla morte del presidente Mao, dai piedi fasciati, alle giacchette grigie e oltre, fino a Londra, dove attualmente vive l’autrice, il cui libro non è ancora mai stato pubblicato in Cina. Agli inizi del ‘900 la nonna di Jung Chang è costretta a diventare la concubina di un signore della guerra dal quale avrà una bambina, per amore della quale, si decise a fuggire salvando la vita a entrambe. La madre di Jung Chang, invece, durante l’adolescenza entra nell’allora movimento comunista clandestino e rimarrà nel Partito per tutta la vita. L’autrice, guida il lettore tenendolo per mano, fra le storie personali dei personaggi e i principali avvenimenti storici del paese, disegnando un quadro storico quanto basta dettagliato per farci comprendere la situazione del tempo. Dalla vita agiata degli alti quadri del Partito, alla violenza della Rivoluzione Culturale. L’autrice ci racconta la sua vita e quella di tante altre persone che si videro strappare gli affetti, calpestare la dignità e negare ogni possibilità. Dopo esser stata inviata in campagna, come milioni di giovani in tutta la Cina, ad “imparare dai contadini”, potrà alla fine della Rivoluzione Culturale riprendere gli studi e coronare il suo sogno di viaggiare e di diventare scrittrice, sogno grazie al quale ci è possibile vedere la storia attraverso gli occhi di tre coraggiosissime donne.

 

Lemoine Francoise, “L’economia cinese” (2005)

Un paese che non è più prevalentemente agricolo e che si è urbanizzato; […] una delle prime potenze commerciali mondiali”

Questo volume aiuta a capire la realtà economica cinese a partire dal 1978, quando i progressi registrati dall’economia cinese sono stati sempre più vistosi: il ritmo di crescita è stato ampiamente superiore al tasso medio mondiale e la Cina appartiene al ristretto gruppo di paesi in via di sviluppo che si trovano su una traiettoria di convergenza economica verso i livelli di reddito dei paesi industrializzati. Sull’onda della globalizzazione la Cina ha attirato sul proprio territorio le industrie dei paesi in cerca di manodopera a buon mercato, diventando così l’officina manifatturiera del mondo, in particolar modo delle imprese asiatiche; non ultimo, essa ha portato a termine con successo il proprio inserimento nell’economia globale e nel 2001 è entrata a far parte del WTO, divenendo il sesto paese esportatore mondiale.

 

Ling Mengchu, “Monache e cortigiane” (a cura di Federico Masini) (1999)

“Anche se uno sperpera ori e giade, anche se architetta cento e mille stratagemmi, alla fine tutto è vano. Quando si e predestinati […]”

Di questa raccolta fanno parte storie d’amore, composte alla fine della dinastia Ming (1368-1644) e ambientate in diverse epoche. Ne è autore un fortunato commerciante vissuto nella regione di Shanghai, Ling Mengchu (1580-1644), uno scaltro letterato che, non essendo riuscito a fare il mandarino imperiale a tempo pieno e in considerazione del grande sviluppo che aveva avuto l’editoria in quella regione, pensò di dedicarsi alla redazione di novelle divertenti o erotiche, destinate al pubblico delle città della Cina meridionale, avido di distrazioni e intrattenimenti.

 

Lippiello Tiziana, “Il confucianesimo” (2009)

“L’uomo di cui parla Confucio è il gentiluomo, l’uomo che è nobile per natali ma anche per una raffinatezza spirituale che distingue la sua esistenza”

Il confucianesimo è un sistema di rituali, idee, pratiche e costumi che sin dall’antichità ha pervaso la civiltà cinese. Alla sua origine vi è Confucio, un saggio vissuto tra il VI e il V secolo a.C., che educò i propri discepoli a una vita esemplare e virtuosa, e con essi peregrinò per le corti dei sovrani della Cina preimperiale offrendo insegnamenti e consigli sull’arte del governare. Nel volume si spiegano i principî fondamentali del pensiero confuciano, incentrato sull’osservanza delle norme rituali che ribadiscono il valore delle gerarchie e delle convenzioni sociali, rappresentando la via per una retta condotta e il raggiungimento dell’armonia con il mondo e con il cosmo.

 

Lippiello Tiziana (a cura di), “La costante pratica del giusto mezzo” (2010)

“L’uomo nobile d’animo agisce conformemente alla condizione che gli appartiene, non aspira ad andare oltre”

Uno dei classici della letteratura filosofica cinese, una raccolta di massime, aneddoti e brevi trattazioni attribuita a un nipote di Confucio (551-441 a.C.), un testo che poi è entrato a far parte del canone classico che tutti gli aspiranti mandarini dovevano studiare approfonditamente per lunghi anni per poter superare gli esami imperiali e accedere alle cariche pubbliche. Una guida essenziale per condurre le proprie azioni secondo la virtù morale, per realizzare una vita esemplare nell’oblio di una condotta discreta.

 

Lu Xun, “Diario di un pazzo” (1918)

 “Ma, forse, ci sono ancora i bambini che non hanno mangiato carne umana. Salvate i bambini…”

Lu Xun鲁迅 (1881-1936) è uno degli scrittori cinesi più amati e conosciuti di sempre, sia in Cina che all’estero. “Diario di un pazzo” (Kuángrén rìjì 狂人日记) fu scritto e pubblicato dall’autore nel 1918, durante uno dei periodi più insanguinati della storia cinese. Questo racconto breve si compone di 13 concentratissimi capitoli, in cui l’io narrante, un uomo paranoico e lacerato dalle manie di persecuzione, racconta in modo confuso, sconnesso, scarno e tagliente la società cinese dell’epoca. Egli, si convince sempre di più dell’esistenza di un complotto nei suoi confronti: l’intero villaggio vorrebbe mangiarlo. Sembrerebbe che tutti vogliano mangiarsi l’uno con l’altro, che sia il cannibalismo la legge suprema. Il folle protagonista di questo racconto dà voce alle preoccupazioni più profonde di Lu Xun e degli intellettuali dell’epoca che vorrebbero una società nuova, più umana, più partecipe ed unita ma, invece, tutto intorno è apatia e rassegnazione.
Lu Xun affida ad un pazzo un messaggio di una chiaroveggenza che acceca. L’unica speranza, alla fine, è affidata ai bambini: semi che, ci si auspica, faranno sbocciare i fiori di un mondo migliore. Senza cannibali, appunto.

 

Luo Guanzhong, “Il romanzo dei Tre regni” (XIV secolo)

“L’impero, a lungo diviso, deve unirsi; a lungo unito, si deve dividere. Così è sempre stato”.

Il romanzo dei Tre regni è uno dei quattro romanzi classici della letteratura cinese. Scritto da Luo Guanzhong, è un romanzo storico in cui figurano circa mille personaggi che narra la storia della Cina subito dopo la caduta della dinastia Han, un periodo di profonde lotte e divisioni, durante il quale la Cina è divisa in tre regni: il regno di Shu, il regno di Wei ed il regno di Wu, in lotta fra loro. Il titolo cinese del romanzo è “三國演義” (Sānguó yǎnyì), ed è proprio l’ultimo carattere, 義, la chiave centrale di tutto il romanzo. Esso si traduce come “giustizia”, ma il concetto è più vasto ed arriva ad abbracciare anche l’onore, la realtà, l’altruismo e la fratellanza, tutti valori che devono guidare l’agire umano ad ogni livello: dallo Stato alla famiglia. Personaggi di fantasia e storici si intrecciano in quello che è considerato uno dei romanzi più importanti della letteratura cinese.

 

Ma Jian, “Pechino è in coma” (2009)

“Ricordo che ti trovavi al centro della Piazza, il vento caldo ti passava fra i capelli. La Piazza era come la stanza in cui giaci ora: uno spazio tiepido con un cuore pulsante intrappolato nel mezzo di una città fredda.”

La notte del 4 giugno 1989, Dai Wei è fra gli studenti che occupavano piazza Tian’anmen da ormai 7 settimane. Durante gli scontri viene colpito da una pallottola alla testa ed entra in coma. Il suo corpo è inerte, è una prigione dalla quale non può uscire proprio come quella che lo attende una volta svegliatosi dal coma. Nonostante l’impossibilità di muoversi possiamo ripercorrere le sue sensazioni e i suoi pensieri grazie alla sua mente, rimasta inspiegabilmente attiva. Attraverso i suoi ricordi riviviamo la storia della Cina di quel tempo: dalla Rivoluzione Culturale alla dolorosa notte del 4 giugno 1989. Una voce che getta luce sul buio accecante di quel massacro.

 

Madaro Federico, Wang Xiwen, “La famiglia Kang” (2018)

“In ogni famiglia c’è uno scheletro nell’armadio”

In questo libro, a metà tra un racconto familiare e un testo sul cinese colloquiale, seguiamo le vicende di Kang Weiguo, ingegnere informatico, di sua moglie Zhao Li, casalinga, e dei loro figli Kang Ziqi, segretaria d’azienda, e Kang Haoyang, liceale. Un racconto didattico in cui attraverso le storie delle vite dei quattro protagonisti e di tutti i familiari e amici che ruotano intorno alla loro famiglia, sarà anche possibile riuscire a vedere uno scorcio della vita, della società, dell’economia e degli usi e costumi cinesi al giorno d’oggi. Il testo ha inoltre uno scopo didattico poiché mette al centro non solo espressioni di uso comune e spiegazioni grammaticali, ma soprattutto la lingua di tutti giorni così tanto utile per entrare appieno nella cultura cinese.

“Mencio e l’arte di governo” (a cura di Maurizio Scarpari) (2013)

“Ogniqualvolta le vostre azioni non raggiungono i risultati sperati esaminate voi stesso e cercate i motivi in voi”

Il pensiero cinese antico ed i principî del buon governo che hanno guidato la Cina per oltre due millenni furono elaborati nel periodo che precede l’unificazione imperiale (221 a.C.) In quel periodo Mengzi (Maestro Meng) formulò e sistematizzò una serie di precetti che a suo dire, i sovrani dell’epoca avrebbero dovuto far propri, applicandoli a una pratica di governo volta alla creazione di uno stato forte e autorevole. Il curatore di questo volume ha selezionato, tradotto e commentato i numerosi brani dell’opera di Mencio relativi all’arte di governare.

 

Mo Yan, “Sorgo rosso” (1985-1986)

“Si amarono in un campo di sorgo rigoglioso di vita; i loro spiriti liberi, incuranti delle convenzioni umane, aderirono l’uno all’altro ancor più strettamente dei loro corpi beati.”

“Sorgo rosso”, una delle opere più famose di Mo Yan, è ambientato a nordovest di Gaomi, undistretto rurale nella provincia cinese dello Shandong e città natale dell’autore. Il romanzo ruota attorno alla figura di Yu Zhan’ao che viene visto sia come eroe sia come brigante, ma chi racconta veramente la storia è il nipote del protagonista. Inoltre, gli eventi non sono narrati in ordine cronologico, proprio per questo motivo vi sono numerose digressioni che oscillano tra il passato e il futuro, rendendo tutto più coinvolgente e intrigante. La storia è ambientata nella Cina al tempo del conflitto sino-giapponese fino ad arrivare alla Rivoluzione Culturale. Nonostante vi siano svariati personaggi che accompagnano Yu Zhan’ao, il vero protagonista è il sorgo rosso, un cereale che viene distillato per preparare il vino dal tipico colore rosso e l’unica ricchezza della zona.
“Il vino rende sinceri, giusti e coraggiosi, impavidi di fronte ai pericoli e alla morte. Il vino faabbandonare gli uomini alle passioni, li inebria al punto che sembra muoiano in un sogno, ma lirende anche degenerati e superficiali.” Dal libro inoltre è stata realizzata una trasposizione cinematografica del regista Zhang Yimou nel 1987.

 

Pieranni Simone, “Il nuovo sogno cinese” (2013)

“中国梦,我的梦” (“il sogno cinese, il mio sogno”)

Oggi il nuovo “sogno cinese”, più volte citato dal presidente Xi Jinping, è quello di riportare la Cina ai fasti del passato, quando dominava l’Asia e spaventava il mondo intero con la sua cultura, le sue invenzioni e la sua forza militare. Il volume mira a presentare il nuovo corso cinese attraverso l’analisi del cambiamento politico che ha portato la “fabbrica del mondo” sulla strada di nuove riforme destinate a cambiarne radicalmente la natura, non senza alimentare conflitti politici e contraddizioni sociali.

 

“Poesia cinese dell’epoca Tang”, a cura di Leonardo Vittorio Arena (1998)

“Sopra il mare, la luna sorge chiara, splendente:
l’orizzonte ci unisce, in quest’arco di tempo.
Io che amo ho già in uggia una notte sì lunga:
fa pensare soltanto al distacco da te.
Quando il lume si estingue, bramo il sole più intenso;
e al mattino mi vesto, per rugiade incipienti.
Ma poggiartele in mano: questo, ora non posso;
sogno quindi l’arrivo della data di nozze”

L’epoca Tang (618-907) è considerata l’età aurea della poesia cinese costellata da pennelli eccellenti ed innovazioni sia a livello stilistico che a livello contenutistico. Questo testo raccoglie 140 liriche di 39 autori diversi fra i quali i famosissimi Li Bai e Du Fu. Fra i temi privilegiati troviamo l’amore, l’amicizia, la nostalgia, la separazione, il vino, la vita militare, la terra natìa, l’arte, la natura etc. Tutta la realtà umana raccolta in versi che ci portano nella Cina di quel tempo, fra i bambù ed il riflesso della luna d’autunno nei fiumi.

 

 

Rao Pingru, “La nostra Storia” (2018)

“Da bambini ci incontrammo due volte e quei momenti ci rimasero impressi nella mente, diventando ricordi preziosi.”

Parole e immagini, scritti e disegni dell’autore, Rao Pingru, che narrano la sua autobiografia: dall’infanzia negli anni Trenta, alla morte della moglie, Mao Meitang, nel 2018. La storia d’amore è il nucleo centrale di tutto il libro, il cuore pulsante: i due si erano conosciuti da bambini, dopo qualche tempo si incontrano cresciuti e Rao Pingru realizza un bellissimo ritratto della giovane Meitang, dalla quale resta estremamente affascinato. La guerra cino-giapponese, la guerra civile, la rivoluzione culturale: questa coppia vive tutte le tappe più importanti della storia cinese del Novecento ed è così che il racconto intimo e personale dell’autore/protagonista si fonde al racconto di tutti i cinesi che hanno vissuto le sue stesse, a volte tragiche, esperienze. Le immagini ci fanno sembrare ancor di più di vivere la storia e le storie che questo prezioso volume raccoglie.

 

Salgari Emilio, “Il sotterraneo della morte” (2014)

“Era composta di sette europei, vestiti di tela bianca e armati di fucili perfezionati, e di una decina di cinesi, per lo più  giovani, con ampi cappelli di paglia di riso sui quali si vedeva segnata in rosso una piccola croce.”

Siamo nel 1900, in Cina. La rivolta dei Boxers, la guerra per liberare il paese dagli odiati europei, è al suo culmine. In nome di tale conflitto vengono compiuti omicidi e stragi. All’estrema periferia della regione di Pechino vive padre Giorgio Muscardo, un missionario siciliano, insieme a suo fratello Roberto, un ex bersagliere intrepido e coraggioso, e a Enrico, figlio di quest’ultimo, un ragazzo di appena diciassette anni ma già audace e valoroso come il padre. Il potente mandarino Ping-Chao vuole uccidere padre Giorgio, poichè lo ritiene responsabile della conversione al Cristianesimo di suo figlio. Per assolvere al compito ascolta i consigli del bieco ufficiale imperiale Sum e assolda una banda di spietati Boxers della setta del “Giglio Azzurro”, ma a sua volta Roberto riunisce un drappello di valorosi combattenti; iniziano così scontri, inseguimenti e avventure, nello stile tipico di Salgari.

 

Salviati Filippo, Dalu Jones, Mariagrazia Costantino, “Arte contemporanea cinese(2006)

“Molti artisti si fanno interpreti di questi mutamenti che lasciano un segno evidente nella loro opera, condotta sul doppio filo della definizione della propria identità e di quella della società entro cui si trovano a vivere”.

Si assiste da qualche anno a un vero e proprio “fenomeno Cina” per la presenza massiccia di artisti cinesi sulla scena internazionale e sul mercato dell’arte, per il forte interesse suscitato dalle mostre di arte cinese e il riscontro che queste trovano nei media. Ma come spesso succede quando una novità diventa trend, mancano come corredo adeguati strumenti di informazione per il pubblico. Questo volume rappresenta la prima sintesi esplicativa, chiara e aggiornata sugli artisti cinesi affermati ed emergenti e raccoglie oltre duecento opere, alcune delle quali mai viste in Italia.

 

Shan Sa, “La giocatrice di go” (2001)

“Da quando frequento Piazza dei Mille Venti, il go mi fa dimenticare che sono giapponese. Ho creduto di essere uno di loro.”

“La giocatrice di go” è la storia d’amore impossibile e struggente tra un soldato giapponese, in incognito, e una giovane cinese nella Manciuria degli anni ’30, durante la guerra cino-giapponese. Il gioco del go, nel quale la ragazza è un’abile giocatrice, rende possibile l’incontro fra i due: un tavolo in via dei Mille Venti ed un susseguirsi di profondissimi sguardi intervallati dalle mosse del gioco. Partita dopo partita, i giovani finiscono di innamorarsi ma una fine tragica li aspetta.

 

Su Tong, “Mogli e Concubine” (1992)

L’autore del romanzo, Su Tong, scrive “Mogli e concubine” a soli 25 anni, ambientandolo in una Cina prerivoluzionaria. La protagonista Songlian è costretta a diventare la quarta concubina del ricco Chen Zuoqian. Il romanzo può essere letto come una critica sociale contro l’oppressione dell’individuo e in particolare della donna, costretta a condurre un’esistenza in un universo claustrofobico, in cui le mogli lottano per conquistare i favori e la considerazione dell’uomo con il quale sono legate.

“Se rifletteva sulla sua vita, le appariva un gran vuoto. La sentiva allo stesso tempo reale e irreale, come fosse anche lei coperta dalla stessa neve che era fuori.”

Solo Songlian acquista la consapevolezza di questo privilegio effimero, che la rende prima indifferente e che poi la porta alla follia. Il regista Zhang Yimou realizzò un film dal titolo “Lanterne rosse” perché il marito aveva il diritto di scegliere ogni sera la donna con cui avrebbe passato la notte, facendo accendere davanti alla residenza della prescelta delle lanterne rosse.

 

Wu Cheng-en, “Lo scimmiotto” (2019)

“Così Scimmiotto andava cercando la via dell’Immortalità, ma non aveva mai la fortuna di incontrarla”

Questo è uno dei quattro grandi romanzi classici cinesi, scritto nel XIII secolo, sebbene il materiale della storia sia un immenso ciclo di leggende che si era accumulato per centinaia di anni intorno al “viaggio verso l’occidente” – cioè l’India – del monaco Xuanzang, poi detto Tripitaka, per raccogliervi scritture sacre buddhiste e introdurle in Cina. Il racconto si snoda attraverso le varie avventure del protagonista accompagnato nel suo viaggio dai personaggi di Scimmiotto, Porcellino e Sabbioso. Questo testo è anche un’allegoria, una satira sociale all’interno del quale sono inglobate tutta una serie di pratiche e tradizioni religiose.

 

Yu Hua, “Vivere!” (1993)

“Quel bambino era rimasto senza mamma e papà, se voleva mangiare gli spaghetti era giusto esaudire il suo desiderio. Lo condussi dentro e lo feci sedere, con nove centesimi gli comprai una scodella di spaghettini. Li buttò giù avidamente, la testa madida di sudore; quando uscì si leccava ancora le labbra.”

Il romanzo, ambientato nelle campagne della Repubblica Popolare Cinese, introduce il narratore che si è recato in campagna per raccogliere le ballate. In questo viaggio conosce varie persone, fra cui un anziano contadino, Xu Fugui. Non era nato un contadino, ma era figlio di un proprietario terriero, che aveva perso tutto il patrimonio in seguito al gioco d’azzardo. Si trova costretto a intraprendere una nuova esistenza, sperimentando sulla propria pelle la vita dei campi, della miseria, della povertà, della fatica e della fame. La sua storia personale si intreccia ai grandi avvenimenti della storia cinese. “Vivere!” di Yu Hua è un inno alla vita. Gli uomini vivono per la vita in sé e per null’altro al di fuori di essa. Per questo motivo Fugui, riscoprendo l’essenza della sua esistenza e l’autenticità degli affetti, mostra l’attaccamento all’atto stesso di vivere, nonostante tutte le difficoltà. Di questo libro è stato realizzato un film nel 1994 sempre intitolato “Vivere!” diretto da Zhang Yimou.

 

Yu Hua, “La Cina in dieci parole” (2010)

“Il leader che ho in mente io possiede una particolare prerogativa: assiste alla parata magnificente per la festa nazionale dalla tribuna di piazza Tian’anmen agitando il braccio alla folla, le altre autorità non hanno diritto di fare quel gesto e si limitano a stargli accanto e applaudire. Non ci sono dubbi, è Mao Zedong.”

Attraverso dieci parole chiave Yu Hua, ripercorre la storia della Cina contemporanea dalle parole storiche come “Rivoluzione” a quelle più recenti come “taroccato”. Un saggio ed un insieme di racconti al tempo stesso, di vite, di eventi, alcuni sconvolgenti come il massacro di piazza Tian’anmen e la forza di un popolo, quello cinese, sul quale Yu Hua si interroga, come si interroga sulla forza di andare avanti degli esseri umani e sulla realtà profonda e crudele che si nasconde dietro al PIL a due cifre e al rapido sviluppo economico e tecnologico della Cina a partire dalle riforme e dall’apertura del Piccolo Timoniere. Soprattutto, però, racconta gli esseri umani: da Obama fino ai bambini delle sperdute campagne cinesi che non sanno nemmeno chi sia. Dieci parole che corrispondono a dieci punti di vista attraverso i quali vedere e capire la Cina di ieri e di oggi e forse di domani.

 

Zhang Ailing, Lussuria (2007)

“L’intenso contrasto tra luci e ombre mette in risalto i seni ben modellati di Jiazhi, e il suo viso, che regge bene anche la spietata illuminazione dall’alto. La fronte un po’ stretta e l’attaccatura dei capelli irregolare, invece d’imbruttirla, donano un ulteriore tocco d’eleganza a un volto esagonale già grazioso.”

“Lussuria”, “Quanto odio” e “I fiori di Baoyan” sono i titoli dei tre racconti che compongono la raccolta che porta il nome di uno di essi. Il file rouge che li lega è il l’amore in tutte le sue sfumature, soprattutto all’interno delle, non sempre semplici, relazioni amorose. Il primo racconto, il più celebre, ci porta nell’affascinante Shanghai anni ’40 in cui un gruppo di giovani studenti è deciso a combattere per la resistenza antigiapponese. La missione affidatagli è quella di uccidere un funzionario governativo “traditore della patria”, per raggiungere il loro scopo incaricano una ragazza del gruppo, Ma Jiazhi, di diventarne l’amante ma i sentimenti della giovane iniziano a diventare sempre più complicati… Il regista Ang Lee ha tratto da questo celebre racconto, l’omonimo film che nel 2007 vince il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia.
L’amore tragico è il tema che caratterizza anche gli altri due racconti: in “I fiori di Baoyan” troviamo la storia d’amore fra un professore e una sua studentessa mentre in “Quanto odio” una giovane tutrice si innamora del padre della sua allieva.